Capitolo II
Creta
1. Ceramica neolitica di Festòs
Serena di Tonto(Figg. 1-2; Tavv. 1-3)
Il lotto (Inv. 84041) di materiali neolitici provenienti da Festòs, presente nelle collezioni del Museo di Firenze, comprende circa ottanta frammenti ceramici. Si tratta di pezzi che mancano di un preciso contesto di riferimento e non si ha la certezza che condividessero il luogo o lo strato di ritrovamento o se siano stati messi insieme in maniera del tutto casuale.
Si è scelto di selezionare per il catalogo la metà del lotto, mentre i restanti frammenti sono stati conteggiati perché pertinenti a pareti di vasi di forme aperte o chiuse non ricostruibili. Dei frammenti non catalogati venti fanno parte della classe fine lucidata; tredici di questi presentano tracce di lucidatura all’interno e all’esterno ed erano pertinenti a vasi di forma aperta di dimensioni medio-grandi, mentre sette, lucidati solo all’esterno, appartenevano a forme chiuse. I restanti frammenti non catalogati presentano impasto grezzo e superfici lucidate o ricoperte da una leggera ingubbiatura d’argilla lisciata o spazzolata.
Dei trentotto frammenti schedati una parte è riconducibile a forme note grazie ai confronti con i materiali ritrovati a Festòs, l’altra a pezzi con decorazione e alle parti caratteristiche del vaso (anse, prese, piedi, fondi) anche se non attribuibili univocamente. Per la descrizione dei pezzi e per la loro attribuzione a forme conosciute si è adottata la classificazione tipologica della ceramica neolitica realizzata da L. Vagnetti nel suo studio della ceramica neolitica di Festòs e rielaborata nei recenti studi sulla ceramica dei nuovi scavi di Festòs.
Il corpus comprende frammenti di ceramica fine lucdata e di ceramica grezza. Solo un frammento , pertinente ad un vaso di forma non individuabile, è riconducibile alla classe ingubbiata e lucidata con focature; non vi è, invece, alcuna testimonianza tra i pezzi presi in esame di ceramica con impasto rosato decorata con scribble o pattern burnish.
La ceramica fine lucidata è la classe maggiormente diffusa a Festòs. È caratterizzata da un’argilla fine depurata con scarsi inclusi e da superfici accuratamente lucidate con l’uso della stecca. I vasi erano di forma aperta o chiusa e servivano per lo più per la presentazione e il consumo di cibi e bevande. Le loro dimensioni fanno supporre un utilizzo individuale per le più piccole e un possibile impiego da parte di più persone per quelle più grandi1. I frammenti presenti nel lotto sono tutti riferibili a forme e decorazioni già note.
Erano vasi d’uso individuale i piattelli con profilo arrotondato o svasato, corrispondenti ai nostri CR. 001, 009 e 018 , ma anche le coppe con breve orlo distinto e svasato
CR. 002, 003 e 007 , e le coppe con
pareti svasate, del tipo dei nostri CR. 004, 008, 010 e 017.
Un numero maggiore di persone poteva, invece, adoperare i vasi profondi con pareti svasate , corrispondenti ai nostri CR. 005 e 011 , le coppe con labbro estroflesso, e quelle con labbro distinto e svasato rispettivamente corrispondenti ai nostri CR. 006 e 012, e CR. 014, 015, 016.
Il frammento di labbro con torsione per il becco, con ogni verosimiglianza, apparteneva ad una coppa con becco. I vasi con becco, seppure molto rari nel Neolitico cretese, risultano ampiamente attestati a Festòs sia nella classe lucidata sia in quella ingubbiata di rosso e lucidata, forse a testimonianza dello svolgimento di attività particolari sul colle durante il Neolitico.
Gli altri frammenti del lotto, appartenenti alla classe lucidata, sono inerenti a diversi tipi di anse e prese confrontabili con vari esemplari già noti. Si riconoscono un’ansa a nastro, un’ansa sopraelevata (CR. 020), due anse del tipo ad angolo (CR. 022 e CR. 037), una presa forata, una presa orizzontale e una verticale. Il piedino cilindrico, ben attestato a Festòs, era pertinente probabilmente ad una coppa la cui forma non è possibile ricostruire con certezza per la mancanza di esemplari integri. Un fondo molto rovinato apparteneva probabilmente ad una forma chiusa. Un solo frammento con una piccola presa non forata conserva tracce di incrostazione con ocra rossa, decorazione ben nota e caratteristica della ceramica neolitica di Festòs. Un piccolo tratto di parete di coppetta è decorato invece con una fitta sequenza di ondulazioni orizzontali.
Gli altri pezzi esaminati sono attribuibili alla ceramica grezza. Questa è caratterizzata da argilla con inclusi litici e vegetali di diverse dimensioni ben evidenti e superfici lisciate, ingubbiate o steccate.
I frammenti appartengono tutti a vasi utilizzati per lo stoccaggio di prodotti. L’immagazzinamento di derrate aride o semisolide avveniva in contenitori profondi con pareti dritte o svasate (CR. 031, 033 e 034), mentre i liquidi erano conservati presumibilmente in vasi con un limitato accesso al contenuto come le anfore. L’ansa a nastro apparteneva verosimilmente ad uno di questi contenitori di derrate. Un frammento decorato con una piccola bugna fa parte di questa classe ceramica, ma non è possibile ricostruire la forma del vaso cui apparteneva.
Tutti i frammenti sono databili al Neolitico Finale (NF), ad eccezione di un piccolo frammento di ceramica dark grey pattern burnished ware (o Pyrgos ware) databile all’Antico Minoico I (AMI).
Gli scavi sotto il Palazzo minoico di Festòs sono stati fondamentali per il riconoscimento e l’individuazione in tutta Creta della fase finale del Neolitico. Fin dai primi scavi e ritrovamenti nel sito di Festòs, infatti, L. Pernier aveva notato che i materiali neolitici recuperati appartenevano ad un orizzonte più tardo rispetto a quelli di Cnosso, sito che aveva presentato da subito un’articolata stratigrafia neolitica dal cd. Neolitico Aceramico fino al Neolitico Tardo (NT), vale a dire dal VII al IV millennio a.C.
L’assenza di ceramica simile a quella di Festòs in altri siti e l’affermazione dello stesso Pernier, che la ceramica neolitica festia si addentrava nel Protominoico e che aveva avuto un inizio più lento rispetto a Cnosso, fecero nascere l’idea di un attardamento della parte meridionale dell’isola rispetto a quella settentrionale. Egli pensava, infatti, che, mentre a Festòs si continuava a produrre questa ceramica di tradizione neolitica, a Cnosso già si producessero le classi ceramiche tipiche dell’Antico Minoico. Questa ipotesi fu portata avanti negli anni e il divario tra i due siti più importanti dell’isola crebbe sempre più, soprattutto per la difficoltà di inserire Festòs nella sequenza neolitica che si andava definendo nel sito scavato dagli inglesi. Tale divario si accrebbe maggiormente per il tentativo di D. Levi, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene ed autore a partire dagli anni ’50 di diciassette campagne nel sito della Messarà, di ridisegnare il quadro cronologico della civiltà minoica con un’enorme contrazione delle datazioni dei periodi. Il Levi decise di adottare il termine Calcolitico per la ceramica neolitica di Festòs, volendo porre l’accento sulla posteriorità dei materiali festii rispetto a quelli di Cnosso, ma rischiò di isolare definitivamente il sito di Festòs nel panorama cretese.
Negli anni ’70 il riconoscimento anche a Cnosso di alcuni materiali NF, probabilmente di provenienza festia, aveva riaperto la possibilità di un riconoscimento di tale fase anche nel nord dell’isola e di un definitivo affrancamento del sito di Festòs. In quegli stessi anni L. Vagnetti portava a termine lo studio dei depositi con materiali neolitici di Festòs scavati da D. Levi e riusciva grazie alla presenza di numerosi vasi interi e ben conservati a realizzare una tipologia ceramica del sito tuttora valida. Alla studiosa si deve l’adozione del termine Neolitico Finale e l’abbandono della definizione di Calcolitico, e l’individuazione di tale fase in diversi siti cretesi grazie al confronto con la ceramica e le architetture di Festòs.
Dagli anni ’70 in poi numerosi studiosi hanno cercato di far luce sulle prime fasi di occupazione dell’isola e sulle dinamiche di passaggio all’Antico Minoico e Festòs è risultato un osservatorio privilegiato soprattutto per chiarire le fasi finali del periodo. L’idea dell’attardamento del sud dell’isola è stata quasi totalmente abbandonata grazie alle analisi tecnologiche eseguite su campioni ceramici Antico Minoico I provenienti sia da Festòs sia da Cnosso, le quali hanno mostrato che la produzione di queste classi ceramiche avveniva proprio nella piana della Messarà e quindi hanno confutato la possibilità di una produzione NF nel sud dell’isola contemporanea a quella Antico Minoico nel nord.
Inoltre di recente un’articolata fase NF è stata individuata anche a Cnosso, grazie soprattutto al confronto con i materiali festii e al riconoscimento di alcune delle loro caratteristiche anche in questo sito.
In conclusione si può affermare che il Neolitico Finale è una fase collocabile tra il NT e l’AM caratterizzata da un aumento esponenziale dei siti occupati, probabilmente per un maggiore sfruttamento del territorio soprattutto in altura, e dalla comparsa di nuove classi e forme ceramiche. A Festòs, uno dei siti NF meglio conosciuti grazie alla quantità e alla qualità dei suoi reperti ceramici, la fase finale del Neolitico può essere suddivisa in due sottofasi distinte sia dal punto di vista stratigrafico che materiale. Durante la prima sottofase la produzione festia è caratterizzata soprattutto dalla presenza di ceramica fine lucidata, talvolta decorata con incrostazioni di ocra rossa e/o bianca o con incisioni e impressioni, e dalla ceramica grezza. Durante la seconda sottofase compaiono altre due classi ceramiche, quella ingubbiata di rosso e lucidata e quella rosata con scribble o pattern burnished, mentre scompaiono quasi totalmente i frammenti con decorazione in ocra e con incisioni.
Gli abitanti di Festòs producevano sia contenitori di uso quotidiano sia vasi con decorazioni o forme particolari con un valore maggiormente simbolico. Le forme più diffuse appartenevano a vasi utilizzabili per le attività di stoccaggio degli alimenti, per la preparazione e la cottura dei cibi e per il loro consumo e molti di questi vasi assolvevano diverse funzioni contemporaneamente (preparare/conservare/ trasportare).
Negli assemblaggi festii sono, inoltre, molto numerose le forme connesse con il servizio e il consumo di liquidi (coppe con becco, brocche, anfore, coppe di varie dimensioni). Questi vasi erano prodotti per funzioni pratiche e utilitarie, ma anche estetiche e simboliche. Un esemplare di vaso con torsione per l’attaccatura di un becco è presente, come si è visto, anche tra i materiali del catalogo.
Tutti i materiali del corpus preso in esame possono ascriversi, come si è detto, al NF, ma non è possibile evidenziare elementi che permettano una loro univoca attribuzione ad una delle due sottofasi. Si tratta, infatti, ad eccezione del frammento con ingubbiatura rossa, di pezzi che facilmente potrebbero appartenere ad entrambi gli orizzonti.